Programma o strategia?

“Pensare bene è anche essere coscienti dell’ecologia dell’azione” (libera citazione da Edgar Morin, La testa ben fatta)

Scrivo queste parole all’indomani del webinar “Alla scoperta del linguaggio: tra neurofisiologia e arte per un orientamento consapevole”, durante il quale ho trattato dell’intelligenza ecologica, concetto sul quale il filosofo del linguaggio Francesco Ferretti imbastisce la sua ipotesi del sistema triadico di radicamento e proiezione.

Parlare di ‘ecologia dell’azione’ mi sembra però possa anche riferirsi alla professione docente.

Morin definisce tale metodo in base a due principi: 

a) l’abilità nel comprendere che qualsiasi azione, una volta sia stata intrapresa, entra a far parte di un gioco complesso costituito da altre azioni e retroazioni. Ciò implica che l’esito di questa articolata serie di connessioni può essere un risultato imprevisto dell’azione originaria.

b) la consapevolezza che le conseguenze ultime di un’azione originaria sono imprevedibili.

Con Morin, allora mi spingo ad affermare, nella scuola, la sudditanza del programma (insieme di elementi ed azioni scelti a priori in vista di un obiettivo) rispetto alla strategia. Il programma funziona a condizione che le azioni in esso raccolte siano le uniche ad intervenire nel contesto al quale si applicano (la classe x, nell’anno y, più tutte le condizioni al contorno date da famiglie, società, cultura). Ditemi: quando vi è capitato di avere stabili tali condizioni esterne?

E comunque, evviva le perturbazioni in azione in un sistema! Sia esso fisico, biologico oppure sociale. È solo attraverso le perturbazioni che si scoprono le falle del sistema e si evita di incancrenirsi nell’ovvietà.

Da che parte vogliamo stare, noi? Dalla parte dell’ovvia ottusità oppure da quella dell’efficacia e dell’intelligenza umana? 

Io scelgo la strategia, che prefigura scenari d’azione e ne sceglie uno, sulla base della conoscenza che possiede delle variabili in azione in un sistema incerto.

Il programma è rigido, la strategia è flessibile: si agita senza sosta, analizza, verifica, confronta. La strategia ha come scopo la sua stessa modificazione.

Morin chiudeva la sua riflessione ribadendo che tale ‘intelligenza ecologica’ esige che si attui una scommessa, poiché essa è pienamente consapevole dell’incertezza – a priori – del sistema:

“La scommessa è l’integrazione dell’incertezza nella fede e nella speranza”

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